In onda da poco piú di un mese, Seaspiracy è tra le top 10 nei cataloghi di 32 paesi su Netflix. Il documentario dell’inglese Ali Tabrizi, lo stesso creatore di Cowspiracy, porta dati e statistiche che hanno avuto un grande impatto. Questo sia su gran parte del pubblico e sia tra i famosi, come Kourtney Kardashian, dichiarano che non avrebbero mangiato piú pesce dopo guardare il film.
Il percorso intrapreso da Seaspiracy
Il film inizia con Tabrizi che dichiara il suo amore per gli oceani e gli animali marini e come tutta questa ammirazione gli ha fatto desiderare di fare di piú per la conservazione dei mari. Il documentario prende una nuova direzione quando Tabrizi affronta casi di inquinamento oceanico con plastiche e microplastiche.
L’inglese racconta di come ha passato giorni e giorni a pulire le spiagge come un modo per fare qualcosa per aiutare gli oceani. Allo stesso tempo, sentiva che non stava facendo molta differenza da solo. Fu lì che ha scoperto che la maggior parte dei rifiuti di plastica nei mari proveniva dalle reti da pesca, il che ha portato una nuova svolta al documentario.
L’industria della pesca in Seaspiracy
Quindi Tabrizi inizia una serie di viaggi per saperne di piú sul settore della pesca e se esiste anche una pratica sostenibile. È quando scopre, a Taiji, la sua prima destinazione, che molti delfini vengono uccisi nella pesca del tonno. Da quel momento in poi, il regista inizia a seguire la via della pesca e del mercato di cui fa parte.
E presenta casi di pesca di squali per le pinne, mostra Grind (pesca alla balena) a Húsavík, in Islanda. Avverte anche di zone di pesca illegale, quando porta membri della NGO Sea Shepherd. E finisce per seguire i soldi, come ha detto piú volte durante il film, quando si tratta di casi di schiavitù nella pesca nei mari della Thailandia.
Il messaggio finale di Seaspiracy
Dopo diverse interviste ed esponendo la mancanza di controllo della pesca sostenibile delle foche, Tabrizi conclude il film con un messaggio pro-vegano. Afferma che il miglior inizio nella lotta contro l’estinzione delle specie marine è semplice: basta non mangiare pesce.
A sostegno di questa affermazione, l’inglese porta i medici a favore delle diete vegane e rappresentanti di un’importante marca di alimenti vegani, New Wave Foods. E questa chiusura del documentario che ha iniziato a dividere le opinioni degli spettatori.
Il film è stato progettato attorno a questo messaggio?
Dopo aver visto il film e letto alcune recensioni sono anche un po’ divisa, come vegetariana mi è piaciuto molto vedere un finale così positivo a favore del mangiare senza consumare vite animali. Ma come giornalista, e dopo aver letto che alcuni dati, potrebbero essere stati presentati in modo sbagliato e interviste distorte. Ho messo un po’ in dubbio la serietà di tutto ciò che è stato presentato.
Dopotutto, più importante che inviare un messaggio pro-vegano, dobbiamo basarci su dati, interviste imparziali e presentare tutto nel modo più veritiero. Tuttavia, ti consiglio di vedere il documentario, non per indottrinare nessuno a iniziare una nuova dieta, ma per imparare un po’ di più su questa storia presentata da Ali Tabrizi.
Giornalista laureata presso l’Università di Brasília (UnB) e specialista in produzione culturale, arte e spettacolo. Apassionata di conoscere nuove culture e tutte le loro differenze, credi molto che si possa vivere in un mondo in cui tutti si rispettano.
Lascia un commento