
Le etichette climatiche, di cui ancora si sente poco parlare, diventeranno presto un nuovo strumento per prendere decisioni sostenibili anche a tavola
Al supermercato capita spesso di trovarsi davanti all’imbarazzo della scelta: banchi ripieni di ogni tipo di dolci, frutta e verdura provenienti da ogni angolo del mondo, succulenti hamburger e polpette e invitanti manicaretti preconfezionati. Ma che effetto ci farebbero tutti questi prodotti se sapessimo qual è il loro impatto ambientale?
La cosiddetta climate labeling, l’etichetta climatica, secondo i ricercatori potrebbe presto diventare il nuovo strumento che rivoluzionerà il settore alimentare. Questo comparto, infatti, ogni anno emette 13,7 miliardi di tonnellate di gas serra. Così, i costi ambientali della produzione e del consumo di cibo industriale e su scala mondiale hanno iniziato a entrare nella coscienza pubblica.

Quali sono gli effetti dell’industria alimentare sull’ambiente
Fino a un decennio fa, associavamo “cambiamento climatico, emissioni di CO2” all’opera delle attività industriali; dagli ultimi anni, locuzioni simili risuonano nella nostra mente anche quando ci troviamo davanti a cosa scegliamo di mangiare. Ciò che mangiamo determina il nostro girovita, ma agisce anche sul paesaggio naturale e sul benessere ecologico. La società è sempre più consapevole del fatto che le scelte alimentari contribuiscono alla crisi climatica e compromettono la qualità dell’acqua e dell’aria. Accelerando, così, la degradazione del suolo.
Solo cibo e bevande, trasporto personale e abitazioni messe insieme sono responsabili del 70% dell’impatto ambientale del consumo da parte di un individuo. Con la consapevolezza di questi numeri, avere una panoramica dell’impatto sull’ambiente di un prodotto contribuirebbe a indirizzare l’acquisto verso un alimento “virtuoso”. Per una scelta che porti a meno tossine nell’ambiente, riduca le emissioni di gas serra e comporti un uso più sostenibile delle risorse naturali, entra in gioco anche la politica normativa per il cibo: in che modo la diffusione di tali informazioni può portare a un miglioramento ambientale da parte del consumatore?

Uno studio danese ha evidenziato come introdurre le etichette climatiche contribuirebbe a ridurre le emissioni di CO2
Uno studio dell’Università di Copenhagen e dell’Università svedese di scienze agricole ha sottolineato che è possibile ridurre le emissioni di CO2 anche pubblicando qual è l’impatto ambientale dei piatti in tavola.
Avere sotto i propri occhi un quadro degli effetti di un alimento sull’equilibrio dell’ambiente responsabilizza il consumatore e lo motiva a migliorare le proprie abitudini di acquisto. L’industria della carne, ad esempio, è spesso oggetto di critica da ambientalisti e animalisti per il rilascio di anidride carbonica nell’atmosfera: le etichette climatiche potrebbero facilmente indirizzare la scelta di acquisto verso alimenti meno impattanti e aziende produttrici più virtuose. A fianco alla tabella dei valori nutrizionali, dunque, potremmo presto trovare un’etichetta climatica, in grado di orientare noi consumatori ad acquistare in un’ottica di decarbonizzazione. Ecco perché, quindi, leggendo nero su bianco l’entità dell’impatto ambientale degli alimenti, saremmo più facilmente motivati a cambiare le nostre scelte di acquisto.
L’etichetta climatica, infatti, è in grado di fornire dati calcolati su tutta la filiera produttiva: dall’impatto dei fertilizzanti chimici di sintesi dell’attività agricola convenzionale e dei gas emessi negli allevamenti, al confezionamento, alla trasformazione alimentare, fino al trasporto. Un calcolo completo e reale che rappresenterebbe un potente strumento anche educativo, oltreché morale.
Stando ad una serie di esperimenti condotti da ricercatori nordeuropei, ben due persone su tre sono disposti a conoscere l’impatto climatico del cibo. Quando, però, la persona viene a conoscenza dell’impatto di un piatto, cambia idea e sceglie un prodotto meno pesante per l’ambiente. E’ quanto afferma il professor Jonas Nordström del Dipartimento di economia degli alimenti e delle risorse dell’Università di Copenhagen.

Climate labeling: il 67% in Europa dice sì
Sulla base di queste considerazioni, quindi, gli studiosi ritengono che rendere obbligatorie le etichette climatiche, come già lo sono i valori nutrizionali, non solo risveglierebbe le coscienze dei consumatori ma costringerebbe i produttori di alimenti altamente impattanti sull’ambiente a pubblicare dati che altrimenti non renderebbero noti.
Durante un esperimento, 803 partecipanti dovevano scegliere tra sei alternative di carne macinata e una miscela a base vegetale, tutte prive di etichetta climatica. La maggior parte di essi ha voluto sapere sin da subito quale fosse l’impatto climatico delle carni, optando all’istante per prodotti meno impattanti. Il 33% invece, ha affermato di non voler conoscere le informazioni sul clima delle sette proposte alimentari. L’esperimento, poi, prevedeva di fare una seconda scelta tra prodotti etichettati con le informazioni relativamente alle emissioni di CO2: così, già il 13% ha deciso di optare per un altro prodotto.
Alcuni Paesi del Nord Europa hanno già preso in considerazione la possibilità di rendere obbligatoria un’etichetta che quantifichi l’impatto sul clima dei prodotti alimentari. Si tratta di uno strumento dal forte valore educativo: in questo modo il consumatore ha sott’occhio informazioni rapide sull’impatto ambientale di ciò che è in procinto di acquistare. Basti pensare, ad esempio, se venissero elencate le emissioni totali di gas inquinanti legate alla produzione degli ingredienti di ciascun prodotto.
Rispetto ambientale e sostenibilità, ormai, ci stanno sempre di più a cuore. Grandi case di moda, aziende di design, il settore della mobilità hanno rivoluzionato il loro business in un’ottica sostenibile. Da qualche tempo, anche la filiera alimentare sta adottando soluzioni sostenibili; così come il WWF, la più famosa organizzazione mondiale per la conservazione della natura, ha recentemente lanciato una campagna per promuovere un sistema alimentare sostenibile.

Intraprendente e curiosa, credo nella forza delle parole e nell’importanza di saper comunicare
in maniera coinvolgente ed efficiente per raggiungere il proprio obiettivo.
Viaggi, cibi, libri e il mio barboncino sono le mie passioni.
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